Biodiversità marina
Il Mediterraneo è una delle regioni più ricche di biodiversità al mondo. Si stima che contenga circa il 10% delle specie marine del pianeta. Le sue condizioni climatiche, geomorfologiche e idrologiche ne fanno un bacino abbastanza singolare rispetto al resto degli oceani, tanto che circa il 28% delle specie presenti sono endemiche, cioè esclusive di queste acque.
Il mare toscano è situato in un’area del Mediterraneo in cui anche la produttività è particolarmente elevata, grazie al fenomeno di upwelling, ossia alla presenza di un regime di correnti che favorisce la risalita di sostanze nutritive dai fondali e lo sviluppo di una catena alimentare complessa, i cui vertici sono occupati da un elevato numero di predatori (Top Predators) come cetacei, squali e altri grandi organismi pelagici. Per la sua ricchezza di mammiferi marini, questo tratto di mare, compreso tra la Toscana, la Provenza e la Sardegna settentrionale, è stato destinato a ospitare il Santuario dei Cetacei, un’area naturale protetta internazionale.
Tuttavia, le minacce alla biodiversità del mare toscano, e del Mediterraneo in generale, sono in continua crescita. Il cambiamento climatico determina la meridionalizzazione e la tropicalizzazione delle acque, che portano rispettivamente allo spostamento degli areali di distribuzione delle specie mediterranee e alla comparsa di specie extra-mediterranee ad affinità tropicale.
Minaccia ancor più grave è quella del sovrasfruttamento delle risorse ittiche, dovuto a pescate volontarie (overfishing) o accidentali (bycatch). Ci sono poi gli innumerevoli aspetti connessi con l’antropizzazione costiera, fra cui la cementificazione dei litorali, l’inquinamento, l’eutrofizzazione, la distruzione degli habitat.
Lo sviluppo di strumenti normativi come la Direttiva Habitat e la Direttiva Acque ha dato un contributo importante alla tutela della biodiversità marina. Ma è soprattutto l'avvento della Marine Strategy ad aver segnato una svolta decisiva. Si è reso finalmente necessario, infatti, adottare un approccio ecosistemico alla valutazione delle pressioni ambientali, in cui vengano considerate non solo le componenti biologiche dell’ambiente marino, ma anche le attività produttive dell’uomo legate all’ecosistema, prima fra tutte, la pesca.
Il metodo storicamente più utilizzato per la misurazione della biodiversità è l’applicazione dell’indice di Shannon-Wiener, che mette in relazione il numero di specie presenti con la loro abbondanza relativa, Con la diffusione dell’approccio ecosistemico, però, la misurazione della biodiversità ha assunto un aspetto molto più complesso, perché non dipende più soltanto dal conteggio delle specie presenti, ma anche dalla valutazione di molti altri fattori, come le attività produttive e le pressioni incidenti, ciascuno dei quali prevede uno specifico indicatore di stato.